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lunedì 2 dicembre 2024

PONZIO PILATO E IL LUPO - Ogni uomo è Pilato - L'amicizia con Cesare - La paura - L'autorità.

 

Ci riferiamo come scena guida fondamentale, per approfondire questo argomento del lupo, della scena di Ponzio Pilato, ci aiuta bene. A Pilato è stato portato Gesù, è stato affidato Gesù e Gesù è la vita, come la vita è affidata a ogni uomo. A Pilato viene presentato Gesù come un malfattore. Lo dicono i sacerdoti, gli scribi, lo dice la folla. "Se non fosse un malfattore non te lo avremmo presentato". Però Pilato capisce che Gesù non è colpevole. Era un romano, quindi sapeva misurare le colpe su dati positivi. Per i romani quello che valeva era la legge, era il diritto. Pilato capisce che Gesù non è colpevole e già qui abbiamo la situazione di ogni uomo. Abbiamo un uomo a cui viene presentato Gesù e presentato come un malfattore (sentito dire) In Pilato il sentito dire è questo: "Gesù è un malfattore e te lo abbiamo presentato perché tu lo abbia a condannare". Pilato invece personalmente capisce (quindi è convinto) che Gesù non è un malfattore. E allora qui abbiamo il dilemma, Pilato dichiara ufficialmente: "Non trovo in Lui colpa alcuna". E fin qui andiamo bene, si assume la responsabilità e lo dichiara: "Non trovo in Lui colpa alcuna". È la Verità e Pilato l'afferma. Però in Pilato c'è anche il problema della folla, dei sacerdoti, dell'autorità che dicono: "Costui è un malfattore". A un certo momento succede che Pilato, pur convinto dell'innocenza di Gesù, cede Gesù alla volontà della gente, alla volontà dei sacerdoti, alla volontà dell'autorità. E perché lo cede? Perché non si assume più la responsabilità di quello che lui sa, della Verità? Perché a un certo momento gli dicono: "Se tu non lo condanni non sei amico di Cesare". Cesare era l'imperatore da cui Pilato dipendeva. Non essere amico di Cesare, voleva dire perdere la propria carriera. Perdere la propria carriera voleva dire rischio per la propria famiglia, rischio per l'onore, rischio per tutto, in campo economico, come gloria e nel campo della sua vita stessa. Gesù diceva: "Chi cerca di salvare la sua vita la perde". Ecco il lupo per Pilato, la paura. Pilato era convinto dell'innocenza di Gesù, convinto quindi a contatto con la Verità, sapeva che Gesù era innocente. A un certo momento in Pilato prevale la paura. Prevale la paura perché evidentemente i pensieri dell'io..... Ecco il rischio in cui si trova ogni uomo. La paura domina l'animo di Pilato, Pilato rinuncia alla Verità e la consegna alla folla, ai sacerdoti, all'autorità, l'agnello viene mandato a morte. La pecora viene sbranata dai lupi. Il problema è quello di capire il significato del lupo. Qui in Pilato lo vediamo bene il lupo. Abbiamo visto domenica scorsa la fuga da Dio. Qui oggi nel lupo vediamo ciò che determina la fuga da Dio. C'è stata la minaccia: "Se tu lo liberi, non sei amico di Cesare". C'è sempre questa minaccia nella vita di ogni uomo. "Non sei amico di Cesare". Qui Pilato crollò. E crollando l'agnello è stato divorato dal lupo. Pilato ha ceduto la sua vita, ha perso la sua vita. Perché in Gesù c'era la sua vita. Pilato sapeva che Gesù era innocente. Pilato aveva presente a sé la Verità.


Commento di Luigi Bracco al Vangelo 26/agosto/1990 Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. Gv 10 Vs 12 Terzo tema. Titolo: Lo spazzino della città: il lupo. La fuga in Dio. Incontro completo: http://luigibracco.altervista.org/10.12.htm#III

IL PENSIERO ILLUMINA LA REALTÀ-Render grazie-Consacrazione nella mente-Coincidenza pensiero-realtà.

 

Tutta la creazione è fatta nel Pensiero di Dio ma il Pensiero di Dio, io non lo conosco nella creazione. La creazione è soltanto uno stimolo a ritornare a Dio, il Pensiero di Dio lo conosco solo in Dio, solo da Dio, io conosco che Dio fa tutte le cose per farsi conoscere, per manifestare Se stesso. Rendere grazie vuole dire riconoscere l'intenzione con cui Dio fa tutte le cose. La vera consacrazione avviene nella mente e nella mente le cose non avvengono senza la nostra partecipazione, per cui se nella nostra mente abbiamo una intenzione diversa dall'intenzione di Dio, noi ci troviamo immersi nelle contraddizioni, ma questa non è la Realtà, solo quando la mia intenzione coincide con l'Intenzione di Dio che c'è nella Realtà, tutte le contraddizioni scompaiono. Se io vedo contraddizioni vuol dire che in me c'è un pensiero diverso dal Pensiero di Dio. Commento di Luigi Bracco al Vangelo di Giovanni. 6/Settembre/1987 "Come mai un uomo un peccatore potrebbe fare tali prodigi?". E tra di loro vi fu discordia. Gv 9 Vs 16 Quinto tema. Titolo: La logica dell'adorazione. Incontro completo: https://digilander.libero.it//plumbook/9.16.htm#quinto http://luigibracco.altervista.org/ http://luigibracco.dx.am/ https://digilander.libero.it//plumbook/ https://www.facebook.com/groups/323860022434650/

CONFLITTO AUTORITÀ E PERSONA - La religione personale -Soli davanti a Dio - L'istituzione religiosa.

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Qui l'autorità, il tempio, l'istituzione sono amici di Dio: "Noi non siamo figli di prostitute, noi siamo figli di Dio". Questi "amici" di Dio, queste istituzioni, queste autorità a un certo momento cosa fanno? Decidono di mandare a morte Gesù. Decidono di mandare a morte Gesù? Cosa vuole dire? Decidono di mandare a morte, uno Spirito che l'uomo porta dentro di sé. Decidono di mandare a morte il Pensiero di Dio. Decidono di mandare a morte il Pensiero di Dio che ogni uomo porta dentro di sé. Perché in questo "Tu" s'inaugura una religiosità personale e allora c'è conflitto. Conflitto tra l'autorità, l'istituzione e la persona. Conflitto tra la religiosità ufficiale e la religiosità personale. Decidono di mandare a morte Gesù. Evidentemente Gesù dava fastidio, soltanto per questo lo mandano a morte. Gesù era uno che diceva di non dare a nessuno il nome di maestro, nemmeno al sommo sacerdote, era uno che diceva ai farisei: "Le prostitute vi precederanno nel Regno di Dio". Altro che fastidio! Questi qui lo hanno mandato a morte. Perché? Ma perché sta sgretolando la nostra cattedra, sta distruggendo il nostro posto: "Verranno i romani e distruggeranno il tempio", è Lui che lo sta distruggendo! Volevano mandare a morte Lui. Nasce la conflittualità tra tutto ciò che è ufficiale, tra tutto quello che è autorità, istituzione e quello che è religione personale, quello che è attrazione per Dio. Dio quando ti prende è un fuoco che ti porta via. A che cosa ti porta via? Tu non sei più uno fra tanti, tu sei solo. Ecco che allora l'istituzione incomincia a rosicare, incomincia a non sopportarti più, incomincia a condannarti: "Beati voi quando vi perseguiteranno", era Gesù qui che si dichiarava. L'istituzione è fatta da Dio, il sommo sacerdote è voluto da Dio e perché a un certo momento l'istituzione manda a morte Dio? Perché? Il perché Gesù stesso lo dichiara. Perché le autorità pascolano se stesse, come abbiamo visto in Ezechiele questa settimana, anziché pascolare il gregge. Perché le istituzioni, l'autorità, anziché servire la persona, fanno servire la persona. Infatti Gesù dice che più è in alto e più deve essere servo. Cosa vuol dire essere servo? Servo vuole dire servire, non farsi servire. E cosa vuole dire servire la persona? Vuol dire servire la religiosità personale della persona che sta cercando Dio, non vuol dire alla persona: "Tu devi servire il mio istituto, tu devi servire la mia autorità, tu devi servire la religiosità ufficiale, la chiesa", questo non è servire, questo è fare servire. Ecco perché a un certo momento c'è il conflitto, c'è la lotta, c'è la guerra. Nel Regno di Dio non ci sono dei negozi che vogliono avere dei clienti, ci sono dei negozi che sono a servizio dei clienti.. Presso Dio,tutte le autorità, tutte le istituzioni sono a servizio della persona. Non è l'istituto che arriva a Dio, è la persona che arriva a Dio. Tutte le creature e tutte le istituzioni e tutte le religioni hanno lo scopo di servire la persona che cerca Dio. Perché a Dio non si giunge in gruppo, non si giunge in società, a Dio si giunge personalmente, solo la persona. La persona è la "struttura" fatta per conoscere Dio. Le istituzioni non sono strutture fatte per conoscere Dio, le istituzioni sono a servizio della persona. Quindi le istituzioni non devono far servire la persona a loro stesse. L'uccisione del Cristo è l'uccisione del "Tu" di Dio presente in noi. Come si uccide? Si uccide con le false sicurezze. Le autorità, le istituzioni seminano le false sicurezze, per cui quello è sicuro perché: "Te lo dico io", "Quello è sicuro perché lo dice l'istituzione". Queste sono false sicurezze, perché la vera sicurezza viene soltanto da Dio. Ѐ la conoscenza che ti rende sicuro. Non sono le parole di uomini che ti danno la sicurezza ma la Parola di Dio. Ѐ la parola che quando ti illumina ti rende sicuro, certo. La verità opera convincendo, le autorità operano imponendo. Cosa succede nelle false sicurezze? "Io ho trovato la salvezza e la verità in quanto servo un istituto, una istituzione". Quanti tedeschi/nazisti si sono ritenuti giustificati dei loro delitti dicendo: "Abbiamo ubbidito all'autorità"? Un tempo si diceva che l'ubbidienza è tutto e abbiamo visto dove si finisce con l'ubbidienza! Le false sicurezze richiedono ubbidienza, appunto perché sono false sicurezze.

Commento di Luigi Bracco al Vangelo 21/Agosto/1994 Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gv 11 Vs 53 Titolo: Il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. Incontro completo: https://luigibracco.altervista.org/11.53.htm http://luigibracco.dx.am/ https://digilander.libero.it//plumbook/ https://www.facebook.com/groups/323860022434650/

giovedì 28 novembre 2024

Ecco, facciamo come argomento di oggi, quest'interrogazione di Andrea: "Cos'è mai questo per così tanta gente?". Cerchiamo di mettere a confronto, quanto dice qui Andrea con quanto disse Filippo, cioè cerchiamo di cogliere la sostanza delle loro proposte, raffrontandole con quello che è il problema principale che pone Gesù, che è quello della fame: "Dove troveremo noi tanto pane, per dare da mangiare a tutta questa gente?".

Cioè qui Gesù aveva posto il problema della fame, come problema di vita dell'uomo, perché il Signore parla sempre spiritualmente, perché parla nel Pensiero del Padre e il suo argomentare è sempre rivolto a quello che è essenziale per l'uomo, cioè la sua salvezza e qui Gesù propone ai suoi apostoli, di capire qual è il cibo che veramente soddisfa la tanta fame dell'uomo. Nella tanta fame dell'uomo, dobbiamo vedere quello che è il problema principale dell'uomo, il bisogno principale dell'uomo. L'uomo è un essere creato insoddisfatto e qui Gesù praticamente chiede dove l'uomo possa trovare la felicità, dove si può trovare ciò che renda l'uomo soddisfatto, felice. E raffrontato a questo argomento "dove trovare la felicità per l'uomo" dobbiamo valuta questa risposta di Andrea: "Cos'è mai questo per così tanta gente?", quello che ha un fanciullo a disposizione è quello che ha l'uomo a disposizione: la terra, il mondo, i beni, la ricchezza, la scienza..."Cos'è mai questo per tutta questa gente?". Cioè quasi a dirci che se anche l'uomo conquistasse anche tutto il mondo, o avesse tutte le ricchezze, non troverebbe la sua felicità. E qui si mette in evidenza, l'impotenza dell'uomo a risolvere il problema. Dio ha posto all'uomo un problema grandissimo che è il problema della sua vita, della sua felicità, dell'eliminazione di ciò che lo rattrista, come colmare il vuoto dell'uomo, l'uomo sostanzialmente è un vuoto da colmare e qui Andrea dice: "Cos'è mai questo, per colmare tutto questo vuoto?", è una goccia nel grande deserto del bisogno dell'uomo. E allora chiederei qual è il senso, il significato, di questa insufficienza di tutto quello che l'uomo ha, e l'insufficienza di tutto quello che l'uomo potrebbe avere per trovare la felicità. Se noi approfondiamo le due proposte, di Filippo e di Andrea, notiamo che Filippo, di fronte al problema suscitato da Gesù dice "bisognerebbe", mentre Andrea dice "abbiamo soltanto", Filippo prospetta quello che ci vorrebbe per potere soddisfare quella fame, vede una possibile azione dell'uomo verso la conquista di qualcosa con cui possa soddisfare il suo bisogno, praticamente è l'uomo che è convinto che attraverso l'azione può soddisfare la sua fame, invece Andrea è l'uomo che riconosce la miseria, la povertà, il niente di quello che si ha a disposizione. Ciò su cui dobbiamo riflettere è che né rassegnandoci a quello che abbiamo a disposizione, né proiettandoci verso quello che potremmo avere, riusciamo a rispondere al bisogno, alla fame sostanziale dell'uomo. Cioè tanto la risposta di Filippo, come quella di Andrea sono errate, però tutto questo ha un significato. Noi ci troviamo quindi di fronte a un problema, verso il quale l'uomo è impotente. Filippo dice che se noi ci diamo da fare e conquistiamo tutto il mondo, riusciamo a soddisfare la fame dell'uomo, mentre Andrea costata che a disposizione non abbiamo niente, è rassegnato, ma sia chi si rassegna come Andrea, sia chi si proietta nell'azione come Filippo, sono nella posizione sbagliata. Eppure Dio ci pone il problema, non perché noi ci rassegniamo a risolverlo, né perché noi ci illudiamo di risolverlo attraverso l'azione. Tutti quanti noi patiamo di questa fame spirituale, però tutti noi tendiamo a sfamarla attraverso i beni sensibili del mondo. L'uomo non può diagnosticare la causa della sua fame spirituale, lui la avverte e quindi la proietta verso le cose che esperimenta: creature, denaro, potere. Ognuno di noi avvertendo l'infelicità ritiene che raggiungendo un certo bene materiale possa sentirsi felice, poi però quando raggiunge l'obbiettivo scopre di non avere risolto nulla. Cioè il problema dell'infelicità non si risolve con l'avere, avessimo anche tutto l'universo nelle nostre mani, noi non saremmo soddisfatti. Allora uomo fermati, non muoverti più, perché la soluzione del tuo problema, non sta nell'avere.
Commento di Luigi Bracco al Vangelo 16.Settembre.1979 C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente? Gv 6 Vs 9 Titolo: Il problema della fame. Incontro completo https://luigibracco.altervista.org/6.7-9.htm#nove


mercoledì 27 novembre 2024

Fisicamente tu sei distinto da un altro uomo, come persone no.

Una persona è nell'altra.

Le persone sono compenetranti.

Il Padre è nel Figlio.

Il Figlio è nel Padre.

Noi che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non siamo fatti isolati nello spirito come sono isolati i nostri corpi nella materia. Le persone si compenetrano a vicenda.

Parlano una nell'altra.

Se noi fossimo spiritualmente intelligenti, io vedrei attraverso il tuo parlare tante altre persone che parlano in te.

Parlando attraverso te.

Non essendo intelligenti, noi ci fermiamo invece al corpo: "Sei tu che parli".

Ma nella persona ci sono sempre altre persone che operano, perché sono presenti.

                                                                                 https://luigibracco.altervista.org/12.10.htm



Conoscendo Dio tu vedi l’infinito di Dio in un fiore, noi invece ci fermiamo all’apparenza e per noi un fiore è semplicemente un fiore.

Il peccato che a noi pare un fatto negativo, è un fatto molto positivo, operato da Dio per farci scoprire la sua comprensione e farci entrare in quell’amore che ci rende più attenti a Lui che a noi.



L’unica libertà che abbiamo consiste nel fatto che noi possiamo pensare a noi stessi, alla creazione oppure possiamo pensare Dio. Potere pensare a noi stessi, è la condizione necessaria per avere la possibilità di conoscere Dio, però Dio non possiamo conoscerlo nel pensiero del nostro io, perché Dio si conosce soltanto nel Pensiero di Dio, quindi si richiede il superamento del pensiero del nostro io. Questo superamento dell’io è la prova che ogni creatura (angeli compresi) deve superare per potere giungere a conoscere Dio ed è l’atto fondamentale di Giustizia, se la creatura non si decide nella sua coscienza, nel suo io a fare questa Giustizia, resterà eternamente nel dubbio se Dio è opera dell’uomo o se l’uomo è opera di Dio.



Il cammino verso Dio è un cammino dinamico: a senso unico, quindi lineare. Ma se non concludo in Dio, io comincio a girare. Divento un cerchio. Comincio a girare attorno a quello che non ho raccolto. Quindi tutto quello che non raccolgo in Dio, diventa in me rotatorio. Ed è un cerchio che si stringe sempre di più, diventa sempre più piccolo: le persone anziane girano attorno a un mondo piccolissimo, diventano ripetitivi. Il che vuol dire che a un certo punto, il moto lineare che doveva concludere verso Dio, ha cominciato a ripiegarsi e a diventare un cerchio e qui abbiamo l’isolamento, a un certo momento si stringe tanto che diventa un punto e scompare.


martedì 26 novembre 2024

Dio non ha bisogno dell’uomo, però incarnandosi in Cristo, Cristo ha bisogno dell’uomo, ha bisogno di essere compreso dagli uomini.

                                                                        https://luigibracco.altervista.org/12.2.htm


I problemi presso Dio si risolvono, lontano da Dio invece si complicano, più siamo lontani da Dio e più siamo immersi in un caos di problemi che non si risolvono: è come una mosca che cade in una ragnatela, più si agita e più resta invischiata, non agitarti, perché la soluzione dei tuoi problemi è il Pensiero di Dio, non il pensiero del tuo io. Il problema è una proiezione del nostro rapporto sbagliato con Dio.

                                                                  https://luigibracco.altervista.org/12.3.htm

 

 

La morte del Cristo è la morte dell’uomo. Perché in Cristo c’è affinità con l’uomo? Perché l’uomo muore crocifisso. Crocifisso alle proprie ossessioni.




 


 


 

 

L'IMMORALITÀ DELLA SCIENZA.

Spesso noi diciamo che le scienze sono amorali, cioè non sono né morali, né immorali e che la moralità delle scienze deriva dall’uso che ne fa l’uomo, non è vero, le scienze proprio perché non tengono presente il fine, quindi non tengono presente Dio sono già immorali. I segni di Dio se non vengono portati a Dio, sono immorali e diventano per me motivo di rovina.



 Con Dio è sempre il rovescio di quello che avviene nel mondo, con Dio si inizia piangendo, tribolando e si finisce cantando, con le creature invece si comincia cantando e si finisce piangendo.




domenica 12 aprile 2020

Biografia di Luigi Bracco. Di Gianpiero Pettiti “La Fedelta”Fossano. 
“Noi abbiamo un contabile che fa meditazione”: è il commento, tra lo stupito e lo scandalizzato, che si bisbiglia a Fossano sul conto di un ragioniere, tal Luigi Bracco, che un bel giorno, di punto in bianco, abbandona un posto di lavoro dalla promettente e ben remunerata carriera, per dedicarsi, in casa propria, alla preghiera e alla meditazione. Se l’esperienza delle “monache di casa” non è certamente nuova nella storia della Chiesa, bisogna però dire che questo “monachesimo domestico” si è sempre quasi esclusivamente espresso al femminile, e non è mai stata così comune, specie dalle nostre parti, una sua versione maschile. Si capisce allora lo sconcerto del rilevatore del censimento che alla domanda “professione?”, sentendosi rispondere da Luigi “Faccio la volontà di Dio”, si trova nell’imbarazzo di cosa scrivere, finendo poi per faticosamente concordare con il diretto interessato la formula “religioso laico” che più si avvicina, pur senza centrarla in pieno, con la particolare ed esclusiva “ricerca di Dio” che l’uomo sta conducendo. Nasce nel 1918, ereditando una particolare predisposizione per gli studi dal padre e dal nonno: come loro in prevalenza autodidatta, con spiccata preferenza per gli studi filosofici e teologici, ma anche portato per le scienze esatte, in nome delle quali si diploma ragioniere da privatista, con l’aiuto e sotto l’assistenza del futuro cardinal Pellegrino, esigentissimo e per niente disposto a fare con lui brutta figura. Un rischio abbastanza remoto, vista la promozione a pieni voti e la totale applicazione negli studi, per i quali sacrifica tutto, anche i giochi e i divertimenti classici dei bambini. Orfano di padre nel 1927, che muore in conseguenza della “spagnola” contratta nella prima guerra, ancor prima del diploma di ragioniere comincia a lavorare all’Ufficio Imposte, dove dimostra di sapere il fatto suo e si impone per la serietà e la diligenza nel lavoro. Arruolato durante la seconda guerra (anche se in teoria dovrebbe esserne esonerato in quanto orfano di militare deceduto per causa di servizio) viene spedito alla Cecchignola, da dove fa ritorno dopo l’8 settembre 1943, attraversando fortunosamente l’Italia a piedi e vivendo poi, fino alla Liberazione, tappato in casa. Ufficialmente disertore, che rischiava grosso, anche la deportazione; concretamenteun giovane uomo che non può aderire alle forze armate della RSI e combattere a fianco dei Tedeschi. L’autosegregazione nella sua cameretta è forse il preludio alla sua successiva vocazione: studio continuo e preghiera lo modellano alla vita contemplativa e meditativa che si esprimerà al meglio a Liberazione avvenuta. Luigi è assunto alle dipendenze della Cassa di Risparmio: si impone come sempre per capacità e professionalità, gode della stima dei superiori ed è facile pronosticargli una brillante carriera (qualcuno già lo vede direttore di filiale, tutti comunque avvertono di aver a che fare con uno che “farà strada”). Invece qualcosa in lui si rompe e la prima ad accorgersene è la mamma, che lo vede ammalarsi, diventare inappetente e insonne, reso perennemente triste da un tormento interiore che Luigi non vuole svelare, quasi vergognandosene e che tira fuori un giorno solo perché pressato dai famigliari: “Non voglio mica passare la mia vita dietro una scrivania”. È l’inizio della crisi interiore, dalla quale sa di non poter uscire senza abbandonare quel lavoro, che tuttavia gli è indispensabile perché unico mezzo di sostentamento della famiglia. Mamma, dopo la vedovanza, ha allevato, mantenuto e fatto studiare i figli, imparando anche a fare la maglierista e riuscendo alla fine a comprare, di seconda mano, una macchina per lavorare a maglia. Si rende quindi perfettamente conto che, qualora venisse a mancare lo stipendio del figlio, dovrebbe continuare a mandare avanti la famiglia come aveva fatto fino ad allora, tuttavia, da donna cui non manca la fede, sprona il figlio a lasciare il lavoro ed a seguire la sua “strana” vocazione, “perché”, dice, “la Provvidenza ci penserà”. La gente commenta e non approva: nulla sarebbe stato se Luigi avesse abbandonato il lavoro per entrare in convento o in seminario, ma il dedicarsi esclusivamente alla preghiera e alla meditazione restando in casa è davvero troppo per il comune sentire. Così c’è chi lo giudica uno scansafatiche, chi lo critica per aver buttato alle ortiche un posto in banca che tutte le persone “normali” si sognerebbero e c’è anche chi commisera quella mamma che ha fatto tanti sacrifici per mettere quel figlio all’onor del mondo e che si vede ripagata a quel modo. Siamo nel 1946, nell’immediato dopoguerra, c’è fame di lavoro e tanta povertà, soprattutto spirituale, cui Luigi cerca di ovviare intensificando il suo rapporto con Dio. Il lavoro principale, se non esclusivo, di Luigi Bracco diventa così la ricerca di Dio, la meditazione della sua Parola, l’annuncio di uno stile nuovo di vita modellata sul Vangelo. Nascono i “gruppi del Vangelo” a dimensione domestica, ospitati cioè nelle case di amici e conoscenti che si lasciano affascinare dalle sue proposte e dalla radicalità con cui annuncia ed attualizza il messaggio evangelico. Non si limita ai confini fossanesi, facendo anche qualche puntata fuori diocesi, addirittura a Peveragno, che raggiunge in bicicletta oppure a piedi perché rifiuta, coerentemente con lo stile povero di vita che si è imposto di servirsi del treno o di accettare passaggi in auto. Nel 1948, insieme a don Antonio Gazzera e Cina Ramonda, dà vita alla “Messa del Povero”, mutuandone nome ed idea dall’analoga esperienza avviata da Giorgio La Pira a Firenze nella chiesa di San Procolo, ma soprattutto attingendo allo spirito più autentico del Vangelo. Sono le Domenicane ad ospitare, all’inizio, questi incontri domenicali dei vecchi e nuovi poveri, ai quali insieme all’annuncio della Buona Notizia di Gesù e alla celebrazione eucaristica, viene offerta la colazione, magari qualche vestito o un po’ di viveri per la settimana. Per qualcuno è anche l’occasione per lasciarsi sbarbare e ripulire, per tutti è sicuramente il posto in cui trovare un incoraggiamento o una parola di conforto. Gli appuntamenti si spostano poi, e continuano tuttora, alla chiesa di San Giorgio e nei locali attigui, che certamente meglio si prestano a questo genere di accoglienza, ma la domenica caritativa di Luigi non si limita qui, prolungandosi nel pomeriggio con la visita dei malati, nelle corsie dell’ospedale o nei sanatori, dove lascia un segno di amicizia, una parola buona, una rivista. Di pari passo con l’intensificarsi della sua attività a servizio della Parola di Dio, cresce anche una sorta di diffidenza nei suoi confronti, soprattutto in alcune frange del clero fossanese. “Più che diffidenza, ricorda oggi un testimone di quell’epoca, direi una certa difficoltà a capirlo; si avvertiva il rischio che si travisasse il suo messaggio, perché Bracco volava alto, molto alto e mica tutti riuscivano a seguirlo”. D’altronde, non bisogna dimenticare che, soprattutto in epoca preconciliare, una certa diffidenza circonda la stessa Parola di Dio, soprattutto se lasciata in mano ad un laico. Dal 7 settembre 1966 le meditazioni di Luigi vengono pubblicate sul “La Fedeltà” a cadenza settimanale nello spazio “Oasi dello Spirito”, offrendo ai lettori “la ricchezza del suo pensiero, la profondità del suo spirito e anche la squisita delicatezza dei suoi sentimenti che trapelano, ora qui ora là, con accenti di alta e velata poesia prorompente da un cuore appassionato per Dio, da quasi tutti i suoi scritti”. Sarà una collaborazione che durerà trent’anni, cioè fino alla sua morte, anzi anche dopo, visto che a cura dei suoi amici si continuerà per alcuni mesi a pubblicare i suoi scritti inediti. Ma già da ben prima le sue meditazioni hanno una loro divulgazione attraverso semplici fogli ciclostilati che a pacchi vengono spediti e diffusi anche a Torino, dimostrando quanta sete di Dio alberghi nel cuore dell’uomo. Luigi muore il 14 aprile 1996, domenica in Albis, dopo aver ultimato il suo calvario di sofferenza in unione a quello di Gesù. Proprio il Venerdì Santo è confortato dalla visita e dalla benedizione di mons. Natalino Pescarolo, che lo ringrazia del servizio di preghiera e testimonianza reso per mezzo secolo, definendolo poi, durante la veglia funebre, “maestro e testimone della Parola di Dio”. Una testimonianza, forse meglio di altre, prova a sintetizzare la sua eccezionale esperienza del divino:“La sua vita era caratterizzata da un’autenticità, una schiettezza e una coerenza sorprendenti e anche da aspetti apparentemente contrastanti: severo e gioviale; riservato ed aperto; staccato (“bisogna saper far l’orso se si vuol salvare il tempo interiore per Dio”, soleva dire) e disponibile ; amico dei poveri e amico dei ricchi; netto, radicale, senza mezze misure nelle scelte di vita e amante delle cose belle, della natura, dell’arte, della musica, dei fiori e soprattutto della montagna...”.Insieme alla sua testimonianza di vita e alla sua costante ricerca dell’Assoluto restano oggi di lui, la Casa di preghiera, ancora aperta sul Coniolo, le sue pubblicazioni, le registrazioni delle sue meditazioni, qua e là i suoi spunti e le sue meditazioni, che continuano a circolare. e che si trovano anche in internet.

sabato 11 aprile 2020

La nostra lapidazione. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Ciò che noi raccogliamo nella nostra notte e che portiamo nell'alba, alla presenza del Pensiero di Dio, è lo specchio di quello che siamo noi.
Questi scribi e questi farisei, il giorno prima erano stati adulteri, perché avevano tradito l'unione con Dio. Perché l'unione con Dio, li aveva sollecitati all'ascolto del Cristo e loro non hanno capito la proposta della Luce, preferendo ad essa la legge, la sacra scrittura e questo è adulterio, adultero è colui che rompe una unione e nella notte Dio ha fatto incontrare loro un adultera per mostrare loro quello che essi erano ma loro, anziché cogliere da Dio questo aiuto, questo messaggio, questa lezione, hanno giudicato e hanno condotto questa donna in piazza, davanti a Gesù all'alba per condannarla, per lapidarla anzi per sottomettere Gesù alla legge, alla loro autorità.
Non si sono resi conto che facendo così, loro hanno presentato in piazza il loro peccato, lo specchio della loro anima e chiedendo la lapidazione dell'adultera, chiedevano la lapidazione di se stessi.

L'amore della legge."E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Questi scribi e questi farisei, hanno presentato a Gesù lo specchio della loro anima, perché si erano rifiutati (quando erano stati sfiorati dalla Luce che li convocava all'ascolto di Dio) di ascoltare la Luce, quindi hanno rotto l'unione con Dio, hanno tradito lo spirito della legge e hanno messo la lettera al posto dello spirito.
Hanno tradito lo spirito della legge, perché lo scopo di tutta la legge è condurre ad ascoltare Dio.
Anima di tutta la legge e di tutti i profeti è: "Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso".
Questo "amare" vuole dire cercare, vuole dire ascoltare.
Se noi escludiamo questo amore che anima tutta la legge, tutta la creazione e tutte le profezie, noi diventiamo degli adulteri, perché noi rompiamo la nostra unione con Dio per unirci a qualche cosa di diverso da Dio che può essere la legge, la lettera della legge, che possono essere i comandamenti, che possono essere le regole o il sabato.
Noi giungeremo alla presenza del Pensiero di Dio ma giungeremo per sottomettere Dio a questa nostra verità e quindi verremo a trovarci nella contraddizione, nella impossibilità di restare con il Pensiero di Dio, così come questi scribi e farisei non poterono restare alla presenza di Cristo.

Sottomettere Dio. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Se tutte le cose sono mantenute unite a Dio ("date a Dio quello che è di Dio") e noi stessi ci manteniamo uniti a Dio, tutte le cose ci conducono all'ascolto di Dio ma, se noi ci disuniamo da Dio e disuniamo da Dio le cose, noi siamo condotti a sottomettere Dio al nostro interesse principale di vita.
Noi arriviamo a sottomettere Dio alla legge e qui stiamo arrivando al problema di questi scribi e di questi farisei che non giungono a Gesù per interrogare Gesù, per ascoltare Gesù, giungono a Gesù per sottoporre Gesù all'autorità della legge.
Noi arriviamo a sottomettere Dio alla legge, alle regole, all'autorità del mondo e alle istituzioni al sabato.
Ecco l'errore fondamentale.
Non ci rendiamo conto che tutte queste cose che sono buone, sono state create per portarci nell'ascolto di Dio e non per sottomettere Dio a queste.
Tutte queste cose sono degli ottimi servitori ma devono essere mantenute nel campo del servizio.
Servitori affinché la nostra anima possa ascoltare Dio.
Dio parla personalmente con la nostra anima e vuole che la nostra anima, personalmente si mantenga in rapporto con Lui: "Non dare a nessuno il nome di maestro, uno solo è il tuo Maestro, il Verbo di Dio che parla con te".

L'opera del Demonio."E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Questi scribi e farisei, portando davanti a Gesù una adultera, stavano portando davanti a Gesù la loro anima.
Adultero è colui o colei che tradisce la sua unione.
Ogni uomo è stato creato unito a Dio.
E tutte le cose sono create nello Spirito di Dio, quindi sono create unite a Dio e Dio dice all'uomo di non disunire quello che Dio ha unito.
L'opera cattiva, malvagia, l'opera demoniaca dell'uomo è quella di disunire da Dio, quello che Dio ha unito a Sé.
Di disunire la creazione da Dio, di disunire la creatura da Dio, di disunire i fatti e gli avvenimenti da Dio, di non vedere Dio in tutte le cose.
Questa è l'opera del demonio che è divisione.
Chi rimane nell'unione, proprio in quanto rimane nell'unione è portato all'ascolto di Dio.

Non giudicare. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Qui avevano raccolto un'adultera.
Ho detto che quello che si raccoglie diventa lo specchio della nostra anima.
Questa adultera raccolta da questi scribi e da questi farisei era lo specchio della loro anima.
Senza che loro se ne rendessero conto, questa adultera colta in fragrante era lo specchio di ciò che questi scribi e farisei erano nei riguardi di Dio.
L'avevano portata di fronte a Gesù chiedendo di lapidarla perché "Secondo la legge doveva essere lapidata".
Evidentemente non si rendevano conto che, se questa adultera era lo specchio della loro anima, loro stavano chiedendo la propria lapidazione.
Portando in piazza l'adultera, portavano in piazza la loro colpa, portavano in piazza il loro peccato.
Per questo Gesù dice di non giudicare.
Bisogna stare molto attenti a giudicare, perché giudicando, noi mettiamo in piazza il nostro peccato.
Perché se tutto è lezione di Dio, noi dobbiamo prendere da tutto e da tutti la lezione di Dio per noi ma dobbiamo stare molto attenti a non giudicare e a non condannare.

Lo specchio dell'anima. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Ciò che uno raccoglie nella sua notte diventa l'evidenziazione del suo interesse principale, del suo amore principale, di ciò che lui porta nel cuore.
Ciò che uno ha raccolto nella sua notte rivela la fede che ogni uomo porta dentro di sé.
Possiamo dire che quello che uno raccoglie nella sua notte, diventa lo specchio di sé.
Ognuno di noi sarà condotto dinanzi al Pensiero di Dio con ciò che avrà raccolto nella notte.
E ciò che avrà raccolto,sarà lo specchio del suo animo, sarà lo specchio del suo rapporto con Dio.
Per questo dico che ci troveremo tutti dinanzi al Pensiero di Dio ma non tutti alla stessa maniera.
Non tutti avremo raccolto le stesse cose e non tutti avremo raccolto nella stessa misura.

I prodotti della notte. "Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio". Gv 8 Vs 3 15/Gennaio/1984

L'alba è determinata dall'incontro con il Pensiero di Dio e la notte di ogni uomo, sfocia i suoi prodotti di fronte al Pensiero di Dio.
Qui abbiamo scribi e farisei che conducono una donna adultera, sorpresa in flagranza, ecco il prodotto della notte.
Ognuno nella notte, raccoglie qualche cosa, attorno a un suo interesse principale.
Parlando della notte abbiamo visto che la notte rappresenta ciò che ogni uomo raccoglie, accumula attorno a un suo interesse principale, attorno a un amore.
Prima l'uomo è sfiorato dalla Luce e di fronte a questa dà una risposta.
Può essere interessato a ciò che la Luce gli ha proposto, oppure può essere interessato al rifiuto di ciò che la Luce gli ha proposto.
Comunque in questa risposta, l'uomo determina la sua vita.
Poi viene la notte in cui ognuno sottomette, quindi raccoglie tutte le cose, attorno al suo interesse principale.
Poi arriva l'alba, in cui ognuno sfocia con ciò che ha raccolto nella sua notte.
Gesù dice: "Non raccogliete tesori in terra ma, raccogliete tesori in cielo".

La conclusione del discorso di Dio."Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio". Gv 8 Vs 3 15/Gennaio/1984

Tutti arrivano alla presenza del Verbo di Dio.
Siamo tutti convocati alla sua presenza: amici e nemici.
Perché il Pensiero di Dio è la conclusione del discorso di Dio Creatore.
Dio in tutta la sua creazione non fa altro che presentare Se Stesso, non fa altro che parlare di Sé.
Tutta la creazione è rivelazione di Dio a noi ed essendo Parola di Dio, come ogni parola tende a un fine, quando non parliamo vanamente, tende cioè a manifestare un pensiero.
Tutta la creazione di Dio, tende a rivelare a noi il Pensiero di Dio, per cui dobbiamo aspettarci questo incontro con il Pensiero di Dio, perché noi viviamo nella e della creazione di Dio, quindi volenti o nolenti dobbiamo aspettarci questo incontro con il Pensiero di Dio, perché è la conclusione dell'opera.
Tutta la creazione, essendo opera di Dio (Dio che trascende l'uomo), si conclude indipendentemente dall'uomo.
Quindi giungeremo tutti alla presenza di Dio.
Ma se tutti giungono alla Presenza di Dio, non tutti vi giungono alla stessa maniera.

Il pensiero illumina la realtà.

venerdì 10 aprile 2020

Il Giudizio. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

Dio, il Principio che opera in tutto, arriva un certo momento in cui si rivela ed è il Pensiero di Dio in noi.
Si rivela nell'alba.
Se però in noi non abbiamo messo Lui al centro della nostra vita, prima che si riveli, questo non fa altro che farci costatare la nostra impossibilità a seguirlo e quindi non fa altro che giudicarci.
Noi restiamo giudicati dallo stesso Pensiero di Dio quando si evidenzia in noi.
Quel Pensiero di Dio che parla a noi in tutto e che invitava noi a metterlo dentro di noi, là in quel campo in cui le cose non avvengono senza di noi (il nostro interno), quello stesso Principio, quello stesso Verbo diventa per noi motivo di giudizio.
Gesù lo dice chiaramente che il Giudizio sta in questo: "La Luce splende fra le tenebre ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla Luce".
Preferire le tenebre alla Luce, vuole dire non desiderare di capire.
Vuole dire rifiutare la Verità.
La Verità si annuncia a noi, si annuncia a noi senza di noi.
Ma la Verità invita noi ad interessarci di Sé.
Chi alla Verità preferisce le tenebre, preferisce cioè non capire, rifiuta la Verità.
In questo rifiuto alla Verità, nasce, sorge il Giudizio.
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L'ascolto è un accordo fra interno ed esterno. "E tutti accorrevano a Lui ed Egli seduto li ammaestrava". Gv 8 Vs 2 7/Gennaio/1984

L'ascolto è essenzialmente un accordo.
L'accordo richiede una partecipazione tra ciò che è in noi e ciò che arriva a noi senza di noi, è necessario che ciò che arriva a noi senza di noi faccia vibrare ciò che è in noi, questo affinché si stabilisca un accordo.
Perché faccia vibrare si richiede che ciò che arriva a noi sia sulla stessa lunghezza d'onda di ciò che è dentro di noi.
La lunghezza d'onda è determinata dal principio.
Ciò che arriva a noi senza di noi, noi diciamo che è esterno a noi.
Invece ciò che è interno a noi è in noi ma non senza di noi.
Ora, ciò che è esterno a noi, senz'altro non è opera nostra, ha un altro principio da noi.
Quindi tutto quello che arriva a noi senza di noi, cammina su una certa lunghezza d'onda che non è certamente la lunghezza d'onda del nostro io.
Perché ci sia la possibilità di accordo e quindi di ascolto, è necessario che quello che è dentro di noi parta dallo stesso principio da cui parte quello che è esterno a noi.
Se dentro di noi le cose, i pensieri partono da un principio diverso (pensiero del nostro io) certamente c'è impossibilità di accordo tra quello che arriva a noi senza di noi (Parola di Dio) e quello che noi portiamo in noi: questo ci rende sordi.
Resi sordi vuole dire essere ciechi: non possiamo essere istruiti sui colori.
Se siamo sordi non possiamo essere istruiti sull'armonia delle cose.
Così si determina in noi la sordità e quindi l'incapacità di potere seguire il Cristo che ci ammaestra circa il Padre.

http://luigi-bracco.000webhostapp.com/8.2.htm